Il confine tra moda e storia è spesso labile c’è chi usa la storia per lanciare “nuove” mode e chi, rispettandola in toto, la riporta in auge. È il caso del vino in anfora, se un tempo questi vini rappresentavano la norma, dopo secoli di oblio, oggi, tra legno, inox e cemento, rappresentano un’alternativa per il futuro.
L’utilizzo dell’anfora per la vinificazione e la conservazione del vino non è una moda degli ultimi decenni: vanta infatti una lunghissima storia datata già al 5000 a.C.. Le prime anfore sono i famosi qvevri georgiani, i recipienti di terracotta che per millenni hanno agevolato vinificazione, trasporto e conservazione del vino. Le anfore sono poi arrivate ai Greci ed è grazie agli etruschi che si sono poi diffuse in Italia e successivamente in tutta Europa. Vino e terracotta era il connubio perfetto, il metodo naturale più facile da adottare; la straordinaria capacità di isolamento termico della terracotta permetteva una perfetta conservazione del vino grazie alle caratteristiche chimico-fisiche del materiale.
I vasi di terracotta sono quindi i più antichi contenitori enologici di cui si abbia conoscenza, prima di essere dimenticati in epoca moderna in tutto l’Occidente. L’anfora nella sua natura racchiude il ricongiungimento dell’uva alla terra, richiede attenzione e cura da parte dell’uomo, la formazione un rapporto intimo, lo sviluppo di una sensibilità rara e allo stesso tempo offre diversi vantaggi pratici. Tra questi la sua straordinaria capacità di isolamento termico e la possibilità di creare un ambiente micro-ossigenativo neutro. La porosità dell’anfora, infatti, permette un lento scambio di ossigeno senza però apportare cessioni aromatiche, come quelle tipiche del legno che conferiscono al vino le famose note boisé.
Queste caratteristiche portano alcuni produttori ad affermare che con l’affinamento in anfora sia possibile valorizzare maggiormente il carattere varietale dei vitigni e l’espressività del terroir. È per questo che negli ultimi decenni, contestualmente alla ricerca di metodologie produttive quanto più tradizionali e genuine possibili, è stato riscoperto questo particolare tipo di vinificazione. Questo è stato reso possibile anche grazie a produttori lungimiranti come Josko Gravner che dal 1996 ha sostituito tutti i contenitori della sua cantina con dei qvevri georgiani.