Chi non conosce l’Amarone? Lo spettacolare vino rosso simbolo dell’enologia veneta e delle colline attorno a Verona, quelle della Valpolicella. Non tutti però conoscono l’affascinante storia che si cela dietro l’origine di questo vino e del suo nome. Una storia che merita senz’altro di essere raccontata. Prima però di partire con il racconto è bene specificare le sue principali differenze con il Recioto. La storia dell’Amarone è, infatti, strettamente connessa a quella di quest’altro grandissimo vino rosso della Valpolicella.
Entrambi sono ottenuti da uve passite di alcune varietà tipiche di questa zona: principalmente Corvina o Corvinone e Rondinella. Anche il processo di produzione è praticamente identico, ma con un’unica e sostanziale differenza durante la fase fermentiva. Per ottenere l’Amarone la fermentazione viene completata e tutti gli zuccheri presenti nel mosto sono trasformati in alcol; nel Recioto, invece, la fermentazione viene interrotta a metà e quindi solo parte della componente zuccherina si trasforma in alcol. Fatta questa premessa possiamo immergerci nel racconto che è diventato leggenda.
Esistono diverse storie intorno all’Amarone ma, quella più accredita, è quella che ne attribuisce la paternità a Adelino Lucchese, capocantina della Cantina Sociale della Valpolicella. È la primavera del 1936 quando Lucchese, assaggiando una botte di Recioto dimenticata in cantina da qualche anno, esclamò: "questo vino non è amaro, è un amarone". Tutto lo zucchero si era trasformato in alcol e quello che doveva essere un Recioto dolce si era trasformato in un vino secco e “amaro”. Da qui il nome di questo vino che è diventato ormai uno dei capisaldi del Made in Italy. Il palato fine e il fiuto eccezionale fecero subito capire a Lucchese di avere tra le mani un oro liquido color rubino.
La prima etichetta e il primo documento di vendita risalgono al 1938, mentre bisogna aspettare il 1953 per la sua effettiva commercializzazione. Il successo dell’Amarone è stato immediato, tanto che in pochi anni è riuscito ad ottenere la DOCG, ovvero la Denominazione di Origine Controllata e Garantita.